Luciano Mozzato, pittore spaziale
I
dipinti di Luciano Mozzato scelti per questa mostra (2012) appartengono
al periodo più maturo della sua arte; quindi non c'è traccia in essi di
tutto il grande lavoro da lui compiuto per staccarsi dal suo primo
vedutismo veneziano. È presente invece un accenno alla fase intermedia,
fatta di frammenti iperrealistici di quei medesimi paesaggi, visti in
close-up e fissati su meno di un metro quadrato di muro scalcinato;
rappresenta un periodo di Mozzato che s'interrompe quando, nel firmare
un dipinto non tanto dissimile dai precedenti, abbandona quasi
all'improvviso l'ormai ripetitivo titolo Frammento veneziano, in favore
di un termine volutamente ambiguo, come Situazione. Un semplice
indizio, che però indica una trasformazione in atto: l'artista si sta
distaccando - inizialmente forse solo con la mente - dal modello
concreto e comincia un viaggio attraverso l'astratto. Lo si può
percepire in quadri non a caso intitolati Energia vitale, dove
apparivano via via forme sempre meno rappresentative di realtà
terrestri, seguiti da altri con titoli del tipo Composizione nello
spazio o Spazio siderale, e Meteora, o Materia nello spazio.
Ricordiamo
a questo proposito che nella preparazione artistica di Luciano sono
stati determinanti i rapporti con Edmondo Bacci, Luciano Gaspari e Gino
Morandis (più anziani per età da diciotto a sedici anni, ma molto di
più in rapporto all'inizio di carriera pittorica, che per il nostro,
con le prime mostre, è stato abbastanza tardivo), tutti e tre legati
all'ambiente spazialista veneziano. Lo Spazialismo, nato nel 1947 da
un'idea di Lucio Fontana, aveva messo radici, infatti, anche a Venezia,
per iniziativa di Carlo Cardazzo, titolare della Galleria al Cavallino,
oltre che del Naviglio a Milano, culla iniziale del Movimento. Di
un'adesione, da parte di Mozzato, a quell'ideologia o a quelle
tematiche non è stata trovata alcuna traccia tra i suoi documenti; né,
in relazione a quanto stava facendo, l'ho mai sentito accennare ad
accostamenti o confronti con il lavoro di altri pittori, e tantomeno di
maestri, come ha sempre considerato quelli or ora citati. Tuttavia non
ho alcuna incertezza nell'affermare che le opere scelte per questa
mostra, punte avanzate delle ricerche del nostro pittore, hanno le
caratteristiche di uno spazialismo sopravvissuto ai suoi esponenti
storici. E conferiscono a lui l'identità di pittore spaziale,
testimoniando validamente che le idee non possono morire.
Ennio Pouchard
Sentimenti
schietti, fuori da ogni sofisticazione, un volgersi direttamente e
confidenzialmente al «suo mondo visibile veneziano» per scegliere ciò
che più corrisponde ai propri sentimenti, cercando nella sua innata
sensibilità pittorica di ritrovarlo nel dipinto tanto come forma,
colore, luce, quanto come espressione della sensazione provata
nell’osservare ciò che aveva attirato il suo sguardo di innamorato
veneziano.
La sua non é una Venezia classica, oleografica: egli
conosce bene la luce che batte sulla laguna e sulla sua amata città, e
anche i «mezzi» per superare la difficoltà del «motivo Venezia».
Inoltre,
l’indagine sulla realtà che continuamente egli conduce,
affettuosamente, lo aiuta ad eseguire delle pitture che hanno brio,
movimento, buona composizione, luminosità, esattezza di resa: insomma
un carattere e uno spirito bene aderenti al tema. Siamo di fronte ad un
artista che al probo e buon mestiere unisce la capacità di descrivere
in modo attraente, poetico, luminoso e persuasivo, il «mondo veneziano»
cui guarda con amore e ottimismo.
Aurelio De Grassi
Reine
Gefühle, ohne jede Falschheit, ein direktes und vertrauliches
Sich-Wenden an "seine sichtbare venezianische Welt", der er die Themen
entnimmt, die seinen eigenen Gefühlen am meisten entsprechen. Diese
Welt versucht er in seinen Gemälden als Form, Farbe und Licht
wiederzugeben, ebenso wie im Ausdruck des Gefühls, das er verspürt,
wenn er das beobachtet, was seinen Blick - den Blick eines Venezianers,
der seine Stadt liebt - angezogen hat; und dies mittels seiner
angeborenen Sensibilität für die Malerei.
Sein Venedig ist kein
klassisches, ölbildhaftes Venedig: er kennt sehr genau das Licht, das
auf die Lagune und auf seine geliebte Stadt fällt; und genauso gut
kennt er die "Mittel" zur Überwindung der Schwierigkeit des "Motivs
Venedig".
Darüber hinaus leitet ihn die Erforschung der Realiät
stets in liebevoller Weise an und verhilft ihm dazu, Gemälde zu
schaffen, die Kraft, Bewegung, Helligkeit, eine gelungene Komposition,
sowie Genauigkeit in der Darstellung in sich tragen, kurz: Charakter
und Geist, die dem Thema bestens entsprechen. Wir sehen uns mit einem
Künstler konfrontiert, der mit dem "rechtschaffenen" und guten Handwerk
die Fähigkeit verbindet, in anziehender, poetischer, leuchtender und
überzeugender Weise die "venezianische Welt" zu beschreiben, welche er
mit Liebe und Optimismus betrachtet.
Aurelio De Grassi
…Le
sue opere mi sono apparse di una suggestione sorprendente, rivelandosi
capaci, senza altri accorgimenti, di emanare una forza evocatrice di
immediata e straordinaria presa emozionale, di un potenziale di
raffinata sensibilità pittorica.
Le opere si presentavano intanto
non come “vedute” o paesaggi, bensì come brani, come “frammenti” per
meglio dire di Venezia, tanto precisamente aggettivati da sembrare
quasi tradotti nei meccanismi artificiosi dell’iperrealismo oppure
ricreati da un sofisticato ricalco, da una manipolazione sottile che ne
riproduceva i modi secondo le migliori tecniche della pop-art.
Mozzato
realizza coi suoi riporti, come fossero degli affreschi strappati,
delle vere immagini di Venezia; egli procede per traslazioni
fenomeniche, ricalca il tessuto vitale di angoli, di squarci, di
frammenti di parete fatti di intonaci scrostati, di camini, di
inferiate, di finestre e di portoni, di mattoni e di marmi: cose e
presenze minori di una Venezia altrettanto inconfondibile nel suo
sigillo di preziosità fatiscenti. Ne dipinge l’usura, ma anche il
respiro d’una materia che focalizza le sue piaghe, trasuda l’umido che
la decompone, filtra l’aria e la luce imbevuta di muri, trasmette, come
a un sudario, i suoi spenti splendori, l’arcano di un colore che
palpita del tempo e si rigenera con le stagioni.
Registrazione
appassionata, obiettiva come un reperto, la pittura di Mozzato si
decanta però nel proprio verismo poetico e non vuole essere soltanto
ricalco archeologico, bensì inventario di una città che é l’oggetto e
lo strumento stesso di queste indelebili concentrazioni liriche.
Toni Toniato
…Seine
Werke erschienen mir von überraschendem Zauber, da sie die Fähigkeit
besaßen, ohne andere Kunstgriffe eine Kraft auszustrahlen, die einen
spontanen und außergewöhnlichen, emozionalen Eindruck wie auch ein
Potential an raffiniertem malerischem Empfinden hervorrief. Die Werke
präsentierten sich indessen nicht als Veduten oder Landschaften,
sondern als Stücke beziehungsweise als "Fragmente" Venedigs, so genau
charakterisiert, daß sie beinahe in die künstlichen Mechanismen des
Hyperrealismus übertragen oder mittels einer verfremdeten
Durchzeichnung, einer subtilen Manipulation, die die Modi entsprechend
den besten Techniken der Popart nachbildete, wiedererschaffen zu sein
schienen.
Als handele es sich um abgerissene Fresken, schafft
Mozzato mit seinen Zitaten wahre Abbilder Venedigs. Seine
Vorgehensweise besteht in der Übertragung von sichtbaren Phänomenen, er
paust den lebendigen Stoff der Ecken, der Risse, der Fragmente der mit
abgekratztem Putz überzogenen Wand, der Schornsteine, der Eisengitter,
der Fenster und Tore, der Ziegel und des Marmors durch: kleine Dinge
und Eigenheiten der Stadt Venedig, die unverwechselbar Kennzeichen
ihrer baufälligen Kostbarkeit sind. Er malt deren Abnützung, doch
ebenso den Atemzug einer Materie, welche ihre Wunden fokusiert, läßt
die sie zersetzende Feuchtigkeit ausblühen, filtert die von den Mauern
aufgesogene Luft und Licht und überträgt wie ein Schweißtuch ihren
erloschenen Glanz, das Geheimnis einer Farbigkeit, die durch die Zeit
bebt und sich mit den Jahreszeiten regeneriert. Als passionierte
Registrierung - objektiv wie ein Fund - rühmt sich die Malerei Mozzatos
in ihrem eigenen poetischen Verismus und will nicht nur archäologische
Durchzeichnung sein, sondern Inventar einer Stadt, die selbst das
Objekt und das Instrument dieser unauslöschlichen lyrischen
Konzentrationen ist.
Toni Toniato
Sebbene
sia molto evidente che il recente lavoro di Luciano Mozzato prenda
l’avvio dall’osservazione ripetuta ed ossessiva dei muri di Venezia,
dei disegni e delle tracce che il tempo e l’atmosfera vi depositano,
pure, a ben vedere, gli esiti fina le di tale lavoro si distanziano
notevolmente dal primitivo punto di partenza.
L’operazione che
l’artista mette in atto appare dunque una sorta di trasformazione
alchemica che gli consente di annullare un preesistente ordine di
valori e pervenire ad “altro”, ad un’immagine, voglio dire, che, nelle
sue suggestioni emotive, non rinvia ad alcunchè ma rappresenta solo se
stessa.
É evidente perciò che Mozzato pratica una sorta di critica
della rappresentazione dall’interno della rappresentazione stessa in un
processo storicamente definito del “grande realismo”.
Ad un’occhiata
diritta ed una superficie di dipinti di Luciano Mozzato appaiono
dettagli, particolari di muri osservati da un punto di vista
ravvicinato. Ad un’osservazione ripetuta, insistita, oscillante e volta
all’interno dell’opera, si scopre invece che essa non pretende alcuna
descrizione ma reclama in realtà il solo diritto all’apparizione, in
una sorta di “mutismo” espressivo determinato dalla sua propria
autosufficienza.
La stessa processualità attraverso la quale Mozzato
perviene a tale risultato - la lenta e laboriosa preparazione della
superficie della tela alla maniera dell’affresco - pur essendo
ovviamente congeniale alla apparizione dell’immagine, si manifesta in
realtà per se stessa, con valori autonomi, rispondendo a regole
organizzative interne.
Naturalmente tutto concorre al processo di
“travestimento” dell’opera, all’evento straordinario della conclusione
definitiva dell’immagine, del suo porsi come “oggetto splendente” che
attrae l’ammirazione o la contemplazione.
Ma ciò che conta rimarcare
quì é soprattutto l’intenzione di Mozzato di aprire una “finestra” nel
muro, di penetrarne lo spessore, di varcarne ed annullarne la fisicità
con un’azione che contiene molte e complesse valenze simboliche.
Questi
dipinti configurano allora muri dell’anima e della memoria, ostacoli
esistenziali e sbarramenti dell’espressività poetica, spazi che
l’artista sceglie quali campi di battaglia, luoghi di dichiarazione
della propria identità.
Ecco perché essi appaiono frammisti di
elementi di necessità e di casualità, di ordine e di disordine, di
limpidezza e di ambiguità.
Naturalmente Mozzato é ben cosciente di
siffatte apparenti contrapposizioni che utilizza anche a suo
“vantaggio”, traendone cioè gli stimoli più significativi della sua
proposizione immaginativa.
Che appare oggi “entropica”,
autoriflessiva, volta, voglio dire, a scrutare all’interno delle cose
piuttosto che alla loro rappresentazione.
E ciò, mi pare di vedere,
condurrà certamente l’artista, nel futuro, a manifestazioni più sottili
ed “ambigue” delle sue dichiarazioni poetiche.
Enzo Di Martino
Auch
wenn es überaus deutlich ist, daß die jüngsten Arbeiten von Luciano
Mozzato von der wiederholten und zwanghaften Beobachtung der Mauern
Venedigs, der von Zeit und Atmosphäre schichtweise hinterlassenen
Zeichen und Spuren ausgehen, so haben sie sich in ihren Endfassungen -
bei näherem Hinsehen - doch beträchtlich vom ursprünglichen
Ausgangspunkt entfernt.
Demnach erscheint das Vorgehen des Künstlers
als eine Art alchimistische Umwandlung, die es ihm gestattet, eine
vorher existierende Werteordnung aufzugeben und zu "anderem" zu
gelangen; zu einer Vorstellung, die in ihren Gefühlseindrücken auf
nichts anderes verweist, sondern lediglich sich selbst darstellt.
Von
daher ist offenkundig, daß Mozzato eine Form von Kritik an der
Darstellung vom Inneren ihrer selbst her vornimmt, und dies innerhalb
eines historisch definierten Prozesses des "grande realismo".
Bei
direktem Anblick und in der Oberfläche wirken die Gemälde von Luciano
Mozzato wie Details, wie Einzelheiten von aus der Nähe beobachteten
Mauern.
Betrachtet man das Werk hingegen mehrfach, eindringlich und
in Bewegung, und bezieht auch sein Inneres in diesen Blick mit ein, so
entdeckt man, daß jenes keine Beschreibung verlangt, sondern in
Wahrheit das bloße Recht auf Erscheinung beansprucht, auf Erscheinung
in einer Art expressiver "Schweigsamkeit", welche von der
Unabhängigkeit des Werkes selbst bestimmt wird.
Die gleiche
Verfahrensweise, mit Hilfe derer Mozzato zu diesem Ergebnis kommt, das
heißt die langsame und arbeitsintensive Vorbereitung der
Leinwandoberfläche in Freskomanier, offenbart sich - sei sie dem
Erscheinen des Bildes auch noch so wesensnah - in Wirklichkeit durch
sich selbst, mit eigenständigen Werten und entsprechend inneren
Gestaltungsregeln. Selbstverständlich läuft alles im Prozeß der
"Verkleidung" des Werkes zusammen, im außergewöhnlichen Ereignis der
Fertigstellung des Bildes, seines Sichtbarwerdens als "strahlendes
Objekt", das Kontemplation und Bewunderung auf sich zieht.
Indessen
gilt es vor allem, die Intention Mozzatos hervorzuheben, ein "Fenster"
in die Mauer zu öffnen, in ihre Stärke einzudringen, ihre
Körperlichkeit zu überwinden und zu vernichten mittels einer Handlung
voller komplexer symbolischer Werte.
Auf diese Weise stellen die
Gemälde Mauern dar, Mauern der Seele und der Erinnerung, existenzielle
Hindernisse und Sperren der poetischen Ausdruckskraft, Räume, zwischen
denen der Künstler zwischen Konfrontationspunkten und Orten zur
Darlegung der eigenen Identität unterscheidet.
Und so wird klar,
warum sie wie vermischte Elemente aus Notwendigkeit und Zufälligkeit,
Ordnung und Unordnung, Klarheit und Doppeldeutigkeit erscheinen.
Natürlich
ist sich Mozzato sehr wohl der offenkundigen Kontrapositionen bewußt,
die er derweil zu seinem "Vorteil" nutzt, indem er die für die
Erläuterung seiner Vorstellung bedeutsamsten Anregungen daraus entnimmt.
Diese
Vorstellung erscheint heute "entropisch", autoreflexsiv und neigt dazu,
wie ich meine, eher das Innere der Dinge zu erforschen als diese
darzustellen.
Und dies wird den Künstler, wie mir scheint, in
Zukunft mit Sicherheit zu zarteren und "doppeldeutigen" Auslegungen
seiner poetischen Äußerungen leiten.
Enzo di Martino
Luciano
Mozzato - una analisi progressiva che tende a spingersi oltre la realtà
dell’immagine stessa. Un velato richiamo di ordine ecologico, dalla
forma naturalistica di vecchie case veneziane, o di particolari di
facciate in disfacimento, dal quale l’artista era partito, ora é quasi
annullato e rimangono solo rapporti di volume nello spazio, anche sa la
suggestione e l’emozione pittorica nascono sempre da un vecchio muro.
Arnaldo Marcolini
pittore e critico
Luciano
Mozzato - eine fortschreitende Zerlegung, die danach strebt, bis
jenseits der Wirklichkeit des Bildes selbst vorzudringen. Ein
verschwommener Hinweis auf die ökologische Ordnung, auf die
naturalistische Form alter venezianischer Häuser, oder auf Einzelheiten
der Fassaden im Zustand der Zersetzung. Von dort war der Künstler
ausgegangen, hat es nun beinahe aufgegeben, und es bleiben nur
Beziehungen von Volumen im Raum, obgleich Reiz und malerische
Gemütsbewegung stets einer alten Mauer entspringen.
Arnaldo Marcolini
Luciano
Mozzato é un pittore di Venezia e questa non é solo una definizione
anagrafica, ma una condizione esistenziale fondamentale perché da
questa città l’artista ha mutato temi, luci e composizioni.
Al suo
apparire sulla scena artistica, l’attenzione del pittore si é rivolta
ai muri della città, quale luogo del farsi e del disfarsi della materia
colorata che a Venezia non rimane mai inerte perché il riflesso
dell’acqua crea in continuazione una serie di riverberi e vibrazioni
luminose che conferiscono anche alla superficie più apparentemente
neutra una possibilità di variazione infinita. Ma i muri di questa
città sono anche il luogo del manifestarsi della Storia, come
trasfigurazione temporale e della natura che ad essa si oppone. Da qui
nascono i primi muri di Mozzato che “narrano” di una continua
sovrapposizione di materia-colore l’una sull’altra, quasi che l’ultima
volesse prepotentemente annullare le precedenti, ma la forza del tempo,
screpolando e distaccando, mette a nudo sempre le anteriori superfici.
Più
tardi l’occhio curioso di Mozzato ha cercato di focalizzare più da
vicino la materia, evidenziando nel particolare un’autonomia visiva del
campo pittorico, per cui i “muri” successivi non sono più delle tranche
de vie ma autonomi rapporti di superficie rugose che si combinano in
equilibri probabili. Per questo la forma, partita dal dato reale,
acquista un suo autonomo linguaggio che lontanamente ricorda i
riferimenti iniziali, ma il ricorda come una tappa di una processo
quasi biologico che non memorizza più la sua genesi.
Giunto pertanto
ad un confronto diretto tra sé e la materia, Mozzato ha sentito più
tardi la necessità etica di dare uno scopo alla sua ricerca, non
fermandosi alla “descrizione” della superficie, ma tentando, nel
coagularsi e nel disgregarsi della “malta” di ritrovare allusivamente
una sorta di origine del tutto. Da quì nascono le forme spaziali
dell’ultimo periodo per cui Mozzato é passato con disinvoltura dal
micio al macro cosmo inteso quale simbolica evidenziazione di una
materia che si evolve. “Panta rei” direbbero i greci e Mozzato lo
dimostra: ogni forma si tramuta in un’altra, gli equilibri sono sempre
instabili perché la natura ed il caos hanno leggi che l’uomo non
conosce, e quindi non governa, ma che possono mutare il tutto in ogni
momento.
Marcello Colusso
Luciano
Mozzato ist ein Maler aus Venedig; und dies ist nicht nur eine
anagraphische Definition, sondern eine grundlegende Daseinsbedingung,
da der Künstler gerade aus dieser Stadt Themen, Lichter und
Kompositionen entlehnt.
Bei seinem Erscheinen in der Kunstszene galt
die Aufmerksamkeit des Künstlers den Mauern der Stadt, den Orten des
Werdens und Vergehens jener farbigen Materie, die in Venedig niemals
regungslos bleibt, zumal die Spiegelung des Wassers kontinuierlich eine
Reihe von Reflexionen und Lichtschwingungen erzeugt, die selbst einer
besonders neutral erscheinenden Oberfläche die Möglichkeit der
unendlichen Veränderung verleihen. Doch sind die Mauern dieser Stadt
gleichzeitig Orte, an denen sich die Geschichte - als Stratifikation
der Zeit - offenbart, ebenso wie die Natur, welche sich ersterer
entgegenstellt. Von hier aus entstehen Mozzatos erste Mauern, die von
einer andauernden Überlagerung von Materie und Farbe "erzählen"; eine
über die andere, so als wolle die letzte die früheren in anmaßender
Weise vergessen machen, indes die Kraft der Zeit stets die früheren
Oberflächen bloßlegt, indem sie sie rissig werden und abblättern läßt.
Mit
neugierigem Auge versucht Mozzato später, die Materie aus der Nähe zu
fokusieren und unterstreicht in der Einzelheit die visuelle
Unabhängigkeit des Bildwerkes, weshalb die folgenden "Mauern", nicht
mehr "tranche de vie" darstellen, sondern eigenständige Beziehungen
zwischen den rauhen Oberflächen, die sich in einem glaubwürdigen
Gleichgewicht verbinden. Auf diese Weise erreicht die Form ausgehend
von der tatsächlichen Gegebenheit ihre eigene Sprache, die nur mehr
entfernt an die anfänglichen Bezugspunkte erinnert, und diese vielmehr
als ein Schritt innerhalb eines beinahe biologischen Prozesses
anklingen läßt, welcher sich nicht mehr seiner Entstehung entsinnt.
An
einem solchen direkten Zusammenstoß zwischen sich und dem Material
angelangt, verspürt Mozzato die ethische Notwendigkeit, seiner Suche
ein neues Ziel zu verleihen, und verweilt nicht bei der Beschreibung,
sondern versucht, im Sich-Zersetzen und Gerinnen des "Mörtels" mit
Hilfe von Anspielungen eine Art von Anfang von allem wiederzufinden. An
diesem Punkt entstehen die räumlichen Formen der letzten Periode, für
die Mozzato voller Unbefangenheit vom Mikro- zum Makrokosmos
übergegangen ist, welcher als symbolische Betonung eines sich
entwickelnden Materials aufgefaßt wird. "Panta rei" würden die Griechen
sagen und Mozzato zeigt es: jede Form verwandelt sich in eine andere,
die Gleichgewichte sind stets instabil, weil die Natur und das Chaos
Gesetze haben, die der Mensch nicht kennt und von daher nicht
beherrscht, die aber alles in jedem Moment verändern können.
Marcello Colusso
L’intonaco,
ferito, lascia intravedere il profilo irregolare dei mattoni, mentre la
pittura rossiccia, dilavata, si sfoglia, si copre di muffe ormai
secche, svelando una tormentata geografia che sembra alludere all’umana
sofferenza. Complessa, attentamente curata l’esecuzione, ove l’artista
sia avvale di paste di colore dense, colme di sabbie ruvide.
Tralasciando
il realismo pressante, imponendosi un approccio più distaccato e
sereno, Mozzato realizza momenti di astrazione d’una bellezza austera
ma vibrante di impulsi.
La Nuova Venezia
Der
verletzte Putz läßt das unregelmäßige Profil der Ziegel erahnen,
während die rötliche, verwaschene Farbe abblättert, sich mit bereits
trockenem Schimmel überzieht, und eine gepeinigte Geographie offenbart,
die auf das menschliche Leiden anzuspielen scheint. Die komplexe
Ausführung zeugt von aufmerksamer Behandlung, wenn der Künstler sich
dickflüssiger, mit grobem Sand angefüllter Farbpasten bedient.
Indem
er den eindringlichen Realismus beiseite läßt und sich eine
distanziertere und heitere Annäherung auferlegt, verwirklicht Mozzato
Momente der Abstraktion von zwar strenger, doch von Impulsen bebender
Schönheit.
La Nuova Venezia
“…Non
isprezzare questo mio parere, nel quale ti si ricorda che non ti sia
grave il fermarti alcuna volta a vedere nelle macchie de’muri, e nella
cenere del fuoco, o nuvoli, o fanghi, od altri simili luoghi, ne’
quali, se ben saranno da te considerati, tu troverai invenzioni, sì di
componimenti di battaglie, d’animali e d’uomini, come di varî
componimenti di paesi e di cose mostruose, come di diavoli e simili
cose, perché saranno causa di forte onore; perché nelle cose confuse
l’ingegno si desta a nuove invenzioni…” (Leonardo, Trattato della
pittura, 6.3)
Per cominciare a parlare delle tele che Luciano
Mozzato ha dipinto per anni - da quando si é distaccato dai suoi primi
scorci di vedute veneziane - sono andato a ripescare questa bella
raccomandazione leonardesca, pensando, pensando di riproporla come
momento di riflessione sul rapporto tra il pittore e il suo fare. Mi
riferisco a quei suoi quadri che riproducono alla perfezione quanto di
un qualsiasi anonimo muro di città (indiscutibilmente Venezia, in tutti
questi lavori) può entrare nel campo visivo di chi vi si pone di fronte
alla distanza di un metro: con macchie e graffi, bolle di intonaco e
mattoni riemersi dove la malta é caduta. E con una resa tanto fedele da
arrivare a ferite simulate indistinguibili da quelle vere create dal
tempo, ma proposte come frammento poetico, racconto pittorico, opera
conclusa in se stessa. Si vede a questo punto che la parafrasi di
Leonardo, a proposito di questo recente Mozzato, va riferita non al
pittore che da insignificanti particolari di una realtà consueta sa
trarre lo spunto per fantasie stupefacenti, ma a noi passanti, a noi
spettatori della sua opera. Qui, infatti, non il caso, non il tempo,
non l’incappare fortuito di un occhio esercitato di artista a caccia di
aspirazioni sono all’origine dell’opera, ma il confluire di una ricerca
precisa e di una manualità esercitata - certosina possiamo dire
-,condita di esperienze, cocciutaggine, scelte tecnologiche lunga
maturazione.
Nel momento in cui ci troviamo di fronte a un’opera
così fatta, cioè all’immagine iperrealistica del metro quadrato del
muro scalcinato, con ombre di umidità - verdastre, nerastre, bluastre
-,comincia il nostro cammino mentale che solo al primo passo si limita
a costruirvi tutt’attorno un edificio, un canale, una porzione di
paesaggio. Poi la città immaginata diventa mondo autonomo e si popola
di una realtà nostra: non ci sono più i referenti precisi, ma le
metafore di una fantasia interiorizzata.
Ma tutto ciò appartiene al
lavoro che Luciano Mozzato ha sviluppato fino a poco tempo fa, e non é
quello che oggi presenta in questa quarta mostra nella galleria «Il
Traghetto» di Venezia: alcune sue parole, “…nei miei dipinti cerco di
portare nello spazio la materia, oggetto dei vecchi muri veneziani…”,
lo dichiarano con la scarna lapidarietà di chi, ormai, il passo
fondamentale lo ha alle spalle. Ora assistiamo, perciò, all’avvento
distacco dalla tematica passata: più che una sua improvvisa espansione,
ne constatiamo l’avvenuto strappo dal vecchio supporto - così
sofferentemente ambiguo - del vecchio muro. Ma se prima questo termine,
«strappo», era volentieri usato da chi recensiva Mozzato perché era il
più appropriato nello spiegare l’aspetto di affresco rimosso che
avevano i suoi quadri, ora vale come «lacerazione»; lacerazione da un
ancoraggio - ieri ancora possibile - a immagini rassicuranti;
lacerazione verosimilmente impregnata di coinvolgimenti esistenziali.
Evidenti le mutuazioni nel contenuto del dipinto, dal tutto piano-tutto
pieno, statico dei «muri», al dinamismo drammatico di precipitanti
rocce effusive, a genesi di nuclei stellari, nel caos di un’esplosione
congelata al miliardesimo di secondo, o in una corsa all’infinito di
frammenti dell’esplosione iniziale. Sopravvive alla metamorfosi
pittorica la esasperata volontà di esattezza descrittiva, non più
proiettata sul tempo umano, però, ma sul tempo geologico.
“Coinvolgimenti
esistenziali”, dicevo: é la sensazione che mi dà il fatto che i
precìpiti nuclei pietrosi di questi quadri non si dileguano al mio
sguardo come se passassero fulminei di fronte a un «me» fermo, ma
mostrano tutti i loro particolari minimi. E ciò é possibile solo se
anch’io partecipo al loro moto. É cadere, é salire; é espansione o,
forse, implosione…l’opera non si vuole dichiarare lascia a ogni
spettatore la fruizione creativa che gli compete. Nel discorso centrato
su di un artista, tuttavia, l’idea del movimento può significare
inquietudine, travaglio, ansia desiderio: termini legati, comunque,
all’essenziale concetto - come a tutti - di vitalità.
Ennio Pouchard
"…Achte
diese meine Meinung nicht gering, in der ich dir rathe, es möge dir
nicht lästig erscheinen manchmal stehen zu bleiben und auf die
Mauerflecken hinzusehen oder in die Asche im Feuer, in die Wolken, oder
in den Schlamm und auf andere solche Stellen; du wirst, wenn du sie
recht betrachtest, sehr wunderbare Erfindungen in ihnen entdecken, sei
es in Compositionen von Schlachten von Thier und Menschen, der auch zu
verschiedenerlei Compositionen von Landschaften und von ungeheuerlichen
Dingen, wie Teufeln und dergleichen, die angethan sind, dir Ehre zu
bringen; durch verworrene und unbestimmte Dinge wird nämlich der Geist
zu neuen Erfindungen wach…" (Leonardo, Traktat über die Malerei, II.66).
Um einen Einstieg in die Besprechung der von Luciano Mozzato über Jahre
- genaugenommen seit er sich von seinen ersten Teilansichten von
venezianischen Veduten entfernt hat - bemalten Leinwände zu finden,
habe ich mich auf die Suche nach dieser wundervollen Empfehlung
Leonardos gemacht, in Gedanken daran, sie als Moment des Nachdenkens
über das Verhältnis zwischen dem Maler und seinem Tun vorzuschlagen.
Ich beziehe mich auf jene seiner Bilder, die bis zur Perfektion
wiedergeben, wieviel von irgendeiner anonymen Mauer der Stadt (in all
diesen Arbeiten handelt es sich unbestreitbar um Venedig) in das
Blickfeld dessen treten kann, der sich in der Entfernung von einem
Meter davorstellt: mit Flecken und Kratzern, Putzblasen und Ziegeln,
die dort zum Vorschein kommen, wo der Mörtel herabgefallen ist. Und
dies mit einer solch getreuen Wiedergabe, daß vorgetäuschte
Verletzungen ununterscheidbar von jenen wirklichen, von der Zeit
geschaffenen, geraten, und sie zugleich zu poetischen Fragmenten, zu
einer malerischen Erzählung, zu einem in sich geschlossenen Werk
werden. An diesem Punkt erkennt man, daß die Paraphrase von Leonardo -
in Hinsicht auf das jüngste Werk Mozzatos - nicht auf den Maler bezogen
ist, der aus bedeutungslosen Einzelheiten einer gewohnten Wirklichkeit
den Anstoß zu erstaunlichen Phantasien zu schöpfen weiß, sondern auf
uns Passanten, auf uns Betrachter seines Werkes. In der Tat sind nicht
der Zufall, nicht die Zeit, nicht das zufällige Finderglück des geübten
Auges eines Künstlers auf der Jagd nach Inspirationen, Ausgangspunkt
des Werkes, sondern das Zusammenwirken einer intensiven Suche und einer
geübten, äußerst geduldigen Handfertigkeit, der Reichtum an Erfahrung,
eine gewisse Hartnäckigkeit, die Wahl der Technik und ein langer
Reifeprozeß.
In dem Moment, in dem wir uns vor einem solcher Art
gefertigten Werk befinden, das heißt vor dem hyperrealistischen Abbild
eines Quadratmeters heruntergekommener Mauer, überzogen von Schatten
der Feuchtigkeit - grünlich, schwärzlich, bläulich - beginnt unser
gedanklicher Lauf, der sich nur im ersten Schritt darauf beschränkt,
drumherum ein Gebäude zu konstruieren, einen Kanal, ein Stück
Landschaft. Dann wird die Phantasiestadt eine autonome Welt und füllt
sich mit unserer Wirklichkeit: es gibt keine genauen erzählenden
Gegenstände mehr, sondern nur noch die Metapher einer verinnerlichten
Vorstellung.
Doch all das ist Teil der Arbeiten, die Luciano Mozzato
bis vor kurzem entwickelt hat, und nicht jener, die er heute in dieser
vierten Ausstellung in der Galleria Traghetto in Venedig präsentiert:
dies erklären manche seiner Worte mit nüchterner Knappheit - "…in
meinen Gemälden versuche ich, die Materie in den Raum zu tragen, die
Gegenstand der alten venezianischen Mauern war…"; Worte von jemandem,
der den grundlegenden Schritt längst hinter sich hat. Daher betrachten
wir die tatsächliche Abkehr von den Bildthemen der Vergangenheit und
stellen darin weniger eine ihrer plötzlichen Ausweitungen, als vielmehr
den verwirklichten Aufriß der alten Mauer, dem so doppeldeutigen alten
Bildträger, fest. Wenn jedoch dieser Ausdruck "Riß" vorher gerne
gebraucht wurde von demjenigen, der Mozzato rezensierte, da er zur
Beschreibung der Wirkung der Gemälde wie abgelöste Fresken der
passendste schien, gilt er heute als "Zerreißen"; als Herausreißen aus
einer Verankerung, die bis gestern noch möglich war, in vertrauten
Bildern; ein Zerreißen, das möglicherweise existenziell bedingt war.
Die Veränderungen des statischen Bildinhalts der "Mauern" sind
überdeutlich: vom "tutto piano-tutto pieno", zum dramatischen
Dynamismus des herabstürzenden Effusivgesteins, zur Genesis der
Sternkerne, ins Chaos einer Explosion, die für den milliardsten Teil
einer Sekunde erstarrt ist, oder in einen Lauf der - aus der
Anfangsexplosion verbliebenen - Bruchstücke dem Unendlichen entgegen.
In der Veränderung der Malerei überlebt der erbitterte Wille zur
deskriptiven Genauigkeit, die weniger auf die menschliche als vielmehr
auf die geologische Zeit projeziert wird. "Existenzielle Bedingtheit"
sagte ich: damit meine ich das Gefühl, das mir der Umstand gibt, daß
die stürzenden steinernen Kerne dieser Gemälde nicht meinem Blick
entschwinden, als würden Blitze vor einem innehaltenden Ich
vorbeifliegen, sondern vielmehr alle ihre kleinsten Einzelheiten
zeigen. Und dies ist nur möglich, wenn auch ich an ihrer Bewegung
teilhabe. Es ist Fallen, es ist Steigen; es ist Ausdehnung oder
vielleicht Implosion…das Werk liefert keine Sinnerklärung, überläßt
vielmehr jedem Betrachter die ihm mögliche kreative Rezeption. Wenn ein
Künstler der Mittelpunkt einer Besprechung ist, kann trotzallem, die
Idee der Bewegung Unruhe, Mühe, Angst, Begehren bedeuten: Begriffe, die
indessen an das wesentliche, allen bekannte Konzept der Lebendigkeit
gebunden sind.
Ennio Pouchard
I
muri lagunari crepati , rattoppati e malati, si sono mossi, scagliati
da una misteriosa mano nello spazio o chissà, magari un oceano
ribollente. Si sono spezzati, sono esplosi, sono tornati materia prima,
elementi vaganti a costruire comete di colore in territori inesplorati.
Luciano Mozzato è riapparso in galleria dopo qualche anno di assenza ed è ritornato con altre immagini sotto braccio.
La
definizione di uno spazio muro ha lasciato il posto al non definito. La
città accennata e raccontata, i muri rosi dall’umidità e dal tempo s’è
spaccata in infiniti pezzi, scaglie di roccia e pietre d’intonaco e
mattoni. Resta l’amore profondo per la materia colore che Mozzato
domina sempre con maggiore sicurezza.
Quì una materia in movimento
alla ricerca di nuove e vitali combinazioni, un bagno nell’astratto che
guarda alla grande lezione degli spazialisti veneziani. Le forme aeree
di Mozzato salgono e scendono, fluttuano trasportate da correnti
innarestabili, viaggiono verso altri spazi, altri sogni. La Venezia di
Luciano Mozzato ormai è lontana e i suoi frammenti si rincorrono lungo
altre rotte.
Da un servizio televisivo regionale
Die
Mauern an der Lagune, rissig, zusammengeflickt und krank, sind in
Bewegung geraten, von unbekannter Hand in den Raum oder auch in
wallendes Gewässer geschleudert. Auseinandergebrochen, explodiert, ins
Rohmaterial zurückgeführt, bilden sie als umherschweifende Elemente in
unerforschten Gebieten Kometen aus Farbe.
Luciano Mozzato ist nach
einigen Jahren der Abwesenheit in die Galerienwelt zurückgekehrt; und
dies mit neuen Bildern unter'm Arm.
Die Darlegung des Raumes “Mauer”
hat dem Unbestimmten Platz gemacht. Die angedeutete und erzählte Stadt,
ihre von Feuchtigkeit und Zeit rosigen Mauern sind in unendlich viele
Stücke zerborsten, in Felssplitter, Putzsteine und Ziegel. Was bleibt,
ist die tiefe Liebe zum Material Farbe, das Mozzato mit immer größerer
Sicherheit beherrscht.
Hier nun zeigt sich die Materie in Bewegung,
auf der Suche nach neuen, lebendigen Kombinationen, ein Bad im
Abstrakten, inspiriert durch die große Lehre der venezianischen
Vertreter des "spazialsmo". Mozzatos Formen in der Luft steigen und
fallen, wogen hin und her, getragen von unaufhaltsamen Strömungen,
brechen auf zu anderen Räumen, zu anderen Träumen.
Mozzatos Venedig liegt bereits weit entfernt, und seine Fragmente verfolgen einander längst auf anderen Bahnen.
Aus einer Sendung des Regionalfernsehens.